Cristianesimo e pensiero occidentale

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E’ noto che l’avvento  del Cristianesimo ha influito profondamente sullo sviluppo dello spirito europeo

Il grande patrimonio di pensiero della grecità è stato vivificato alla luce della rivelazione , a cominciare, per ricordare solo alcuni dei più noti autori  impegnati nell’ opera di riconquista dei fondamenti del pensiero, dall’interpretazione del testo biblico con Filone l’ebreo, proseguendo sulle orme di Platone con i Padri della Chiesa , con S. Agostino,  Dionigi Areopagita, S. Anselmo fino, tramite la mediazione degli arabi, alla ripresa di Aristotele da parte di S. Tommaso e della Scolastica.

Ma anche il mondo moderno risente dell’eredità cristiana, che permane anche in quegli autori che ,in quanto immessi nella  prospettiva sull’uomo e sul suo porsi nel mondo introdotta dal pensiero cristiano,  si dichiararono atei o agnostici.

Volendo chiederci quale sia l’aspetto più incisivo di  questa eredità, che ha forgiato il moderno pensiero occidentale, si può rispondere che si tratta di un tema fondamentale nella meditazione cristiana, quello relativo alla libertà, alla quale la riflessione cristiana si è ampiamente dedicata.

Il valore della libertà era già stato recepito dagli antichi, ma nel mondo classico non è mai stato adeguatamente trattato perché dominanti per i  Greci erano il senso della razionalità e il primato dell’intelletto sulla volontà.

Socrate sosteneva che chi conosce il bene non può che praticarlo, mentre S. Agostino , nella sua tormentata riflessione, osservava che la volontà, pur conoscendo il bene, spesso  rifiuta di compierlo.

In realtà nella teologia cristiana il concetto della libertà è determinante sia in riferimento all’atto creativo di Dio, dono gratuito di amore, sia per quanto concerne la genesi della vicenda umana, segnata fin dall’inizio dal peccato originale, frutto della libera volontà dell’uomo.

La libertà quindi nella visione cristiana, anche se ha provocato la perdita del Paradiso terrestre e ha reso necessaria l’incarnazione divina a riparazione del male scelto dall’uomo, è considerata costitutiva della  natura  e dello spirito umano.

D’altra parte nell’età moderna la libertà non solo, a cominciare dagli umanisti fiorentini, è stata celebrata quale segno della superiorità dell’uomo sugli altri viventi,  ma si è anche calata nel mondo secolarizzato, improntando il cammino della storia con l’affermazione dei diritti umani al rispetto dell’uguaglianza e in nome della fraternità universale.

Mentre però nell’età dell’Illuminismo la libertà veniva esaltata come il più alto dei valori (Kant postulava la libertà a fondamento della moralità), ma non veniva disgiunta dagli altri principi, alla fine del ‘900 ha cominciato a prevalere l’idea per la quale la libertà era considerata l’unico valore a cui fare riferimento.

La ricerca della verità, che pure nel pensiero cristiano è sempre stata intimamente connessa con l’interesse per la libertà, è stata accantonata con il risultato di un nichilismo diffuso, negatore di ogni valore, esclusivamente volto all’affermazione di una libertà priva di contenuto, una libertà che rifiuta le istanze della ragione  e si pone in maniera assoluta , contro ogni tensione metafisica.

Eppure nello stesso ‘900 c’era stata una grande fioritura di pensatori sensibili alle esigenze dello spirito. Tra questi i filosofi dell’esistenzialismo, a cominciare da Kierkegaard sino a Jaspers e Marcel, sostenitori del primato della libertà,  ma anche pensatori religiosi 1).

Peculiare al pensiero esistenziale è stata la ribellione nei confronti della cultura positivista, dominata dallo scetticismo e dal sociologismo, che pretende di programmare il futuro degli individui, così come decisa è stata l’opposizione di questa corrente all’oppressione e al conformismo, che vuole livellare gli individui , trasformandoli in una massa amorfa in cui le decisioni sono prese a livello collettivo, sia che si tratti di un sistema di tipo capitalistico, sia che si tratti di un sistema comunista.

L’esistenzialismo sosteneva la libertà di scegliere se stessi senza l’astrazione pubblica, astrazione che anche gli attuali mezzi di comunicazione di massa, recepiti in forma acritica, possono  favorire  2), Scegliere se stessi per gli esistenzialisti voleva però anche dire appellarsi ad una apertura trascendente presente in tutti gli uomini, a partire dall’esistenza, apertura che coinvolge l’intelligenza e la volontà, perché inscritta nella stessa struttura umana 3)

La ragione indebolita del post-moderno dell’ultimo Novecento sembra invece aver smarrito la capacità di ritrovare quell’apertura interiore  che gli esistenzialisti sperimentarono , richiamandosi alla parola della rivelazione cristiana o alla grande tradizione  da Agostino a Tommaso, che molti di essi ben conoscevano.

La libertà intesa come valore assoluto ha impoverito la ragione rendendola incapace di reggere le sfide del nostro tempo: il fenomeno migratorio, il terrorismo, i disastri ambientali, il degrado sociale, la globalizzazione, problemi che richiedono un riferimento di valori che oggi  manca. Oggi l’Occidente non sembra in grado di  trovare la via per uno sviluppo che  non sia contro l’uomo, ma per l’uomo proprio perché non riesce più a conciliare il valore della libertà con quello della verità. Le stesse democrazie, che pure si fondano sui diritti umani, risentono di un mancato rapporto tra libertà e principi etici, che solo l’amore del vero e del giusto può consentire.

Dobbiamo avere  l’umiltà di lasciarci illuminare ancora dalla rivelazione cristiana nella sua pienezza. Cristo è l’uomo per eccellenza, in Lui l’umanità può realizzarsi e compiersi. La Sua parola d’amore va letta e interpretata dalla ragione, al fine di salvarsi dai pericoli e dagli abissi nei quali l’ha precipitata il sogno prometeico di poter realizzarsi a partire unicamente da se stessa 4).

La parola di speranza che ci giunge dal Vangelo può dar forza alla ragione, può confortarci nel credere nelle nostre capacità di migliorare il mondo, di aprire un varco alla pace e alla fratellanza e di ricostruire i legami con la natura ,che un dissennato delirio di potenza rischia di rovinare.

Essa è  via di salvezza per la ragione del nostro tempo, che ha perduto ogni fiducia nel Bene  e che solo una ristabilita relazione con l’Altro può assicurare dalla solitudine, che è impotenza e disperazione.
Note
1)Come annotava Thomas Merton nel 1966 al di là delle diverse opinioni  più o meno favorevoli sull’esistenzialismo si può “sicuramente ammettere un esistenzialismo  cristiano, attivo non soltanto nella filosofia ma anche nella teologia biblica rinnovata, che è stato così eloquente e salutare negli anni del Concilio Vaticano secondo” (Th. Merton, Mistici e maestri Zen, Garzanti, Milano 1999,p,120). A sottolineare questa affermazione basterà ricordare il teologo cattolico Karl Rahner, che subì profondamente l’influsso di Martin Heidegger, il padre degli esistenzialismi , nonché i teologi protestanti quale Paul Tillich e Rudolf Bultmann.

L’esistenzialismo inoltre ha molto contribuito al personalismo cristiano moderno con il suo concetto di  apertura all’esistenza e alle potenzialità degli altri: “La persona autentica- osserva sempre Merton – non nasce nell’isolamento stoico, ma nell’apertura e nel dialogo dell’amore”.

Uno sviluppo dell’esistenzialismo può essere considerata anche la “ filosofia del dialogo” da  Martin Buber a  Emmanuel Lévinas, che rappresentano uno degli esiti più vitali del pensiero occidentale , impegnato nella riflessione sul religioso come categoria ineliminabile dell’umano.

2) Heidegger spiega come nel Si pubblico, ovvero nell’astrazione del collettivo, si perda il sé stesso autentico, rendendo il singolo Esserci  incapace di assumersi la responsabilità di una scelta: “ Il Si sgrava quindi ogni singolo Esserci nella sua quotidianità. Non solo in questo sgranamento di essere, il Si si rende accetto all’ Esserci perché ne soddisfa la tendenza a prendere tutto alla leggera e a rendere le cose facili. Appunto perché il Si, mediante lo sgranamento, si rende accetto a ogni singolo Esserci, può mantenere e approfondire il suo dominio ostinato.

Ognuno è gli altri, nessuno è sé stesso. Il Si, come risposta al problema del Chi dell’Esserci quotidiano, è il nessuno a cui ogni Esserci si è abbandonato nell’indifferenza del suo essere -assieme.”(m: Heidegger, Essere e tempo,Longanesi, Milano 1976,p.164)

3) Si cita qui il filosofo religioso Marcel, che contrappone al concetto di pensiero come autorelazione, presente nelle concezioni immanentistiche, quello del pensiero come apertura e desiderio dell’Altro, apertura e comunione all’altro, che è propria di tutti i pensatori esistenzialisti anche non credenti: “Il pensiero non è affatto autorelazione, esso al contrario è essenzialmente autotrascendenza. Di maniera che la possibilità della  definizione realista della verità è implicata nella natura stessa del pensiero.

Il pensiero è rivolto verso l’Altro, è brama dell’Altro.”(G. Marcel,Diario e scritti religiosi, Guanda, Modena 1945,p.25)

4) Karl Rahner nella sua meditazione teologica ha riflettuto sul mistero dell’uomo e ha evidenziato come Dio abbia accettato e amato l’uomo identificandolo con Cristo: “Chi accetta completamente il suo essere umano (è indicibilmente difficile e rimane oscuro quando lo facciamo realmente), ha accettato il Figlio dell’uomo, poiché in esso Dio ha accettato l’uomo.

Quando la scrittura dice che ha adempiuto alla legge colui che ama il prossimo, dice la verità suprema, perché Dio è diventato questo  prossimo e così ciascun prossimo viene sempre accettato e amato questo unico prossimo e remoto al tempo stesso”.(K. Rahner, Saggi di cristologia e di mariologia, Paoline, Roma 1965,p.119)

Paola Ruminelli

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